UmbriaLibri a Radio Glox: intervista a Chiara Valerio
La scrittrice autrice de 'La fila alle poste' racconta la genesi del suo romanzo partendo dalla figura della protagonista e da un luogo che racconta desideri e pensieri inconfessabili
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Siamo riusciti a trasformare anche Jannik Sinner in qualcosa di divisivo, d’altronde mancava solo lui. L’opinione pubblica è spaccata: tutti i commentatori, sportivi e non, hanno detto la loro; fra chi, senza sé e senza ma, sta dalla parte del campione e chi, senza sé e senza ma, condanna aspramente il “no grazie” alla maglia azzurra. Mi accodo ai commenti a questo fatto, lasciandovi qualche mia considerazione sparsa.
Anzitutto, il tennis è uno sport individuale. So che sembra scontato ma in realtà non lo è. Ogni vittoria, è bene ribadirlo, è in fondo vittoria del singolo e non del collettivo, e pur illudendoci che quelle grandi vittorie che l’altoatesino ci ha regalato siano ‘anche’ del Bel Paese, resta il fatto che sono solo di Sinner e come tali vanno considerate.
L’Italia ha da sempre bisogno di grandi narrazioni. Troppo spesso finiamo a credere alle storie che ci raccontiamo. Quella di Sinner è solo una delle tante, e la doccia fredda derivante da questo, e dai tanti altri ‘no’ che il tennista ha espresso, forse contribuirà a ridimensionare la sovra-narrazione del campione, che fuor di dubbio e con o senza Davis, resta e resterà uno dei più grandi sportivi che il nostro parterre, già ampio, ci abbia mai regalato.
Resta il fatto che il tennis non ha mai vissuto un periodo di così tanta notorietà ma allo stesso tempo di ‘crisi’ come in questi anni. Non solo le denunce di alcuni giocatori di un calendario troppo affollato e di condizioni di gioco inaccettabili, ma anche i molti infortuni, lo strapotere di quei due fuoriclasse che non lascia spazio a nessuno, le esibizioni ultramilionarie che sottraggono questi campioni ai tornei ufficiali e in fine la Coppa Davis mutilata di ogni dignità e prestigio, ridotta a competizione minore, disertata non solo da Sinner ma da almeno più di venti anni dai più grandi ‘Big’ del circuito.
È bene anche ricordare, con buona pace di tanti, che Sinner non è l’unico tennista ad avere la residenza fiscale a Montecarlo. La gran parte dei giocatori, Berrettini e Musetti compresi, risiede lì, si allena lì e ‘vive’ lì. Inoltre, le vincite derivanti dai tornei, che restano la maggiore entrata di molti tennisti, sono tassate dal regime fiscale del paese ospitante.
Quindi: Sinner ha fatto bene o ha fatto male a non andare in Davis? Se si segue il cuore è ovvio che questa scelta fa male e lascia l’amaro in bocca anche a chi scrive. Certo è che, abbandonando il cuore e guardando alla razionalità, questa scelta è fatta in coerenza agli obiettivi del giocatore, che mira a una carriera lunga e fatta di record, come quei grandi del tennis che avevano già disertato la Davis molte più volte di lui.
Giulio Fortunato
Scritto da: Radio Glox
La scrittrice autrice de 'La fila alle poste' racconta la genesi del suo romanzo partendo dalla figura della protagonista e da un luogo che racconta desideri e pensieri inconfessabili
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con Alessio Picchiani
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