Un Drin Drin si affaccia sulla scena politica
Giorgio Pablo Vallasciani, segretario regionale dell'Umbria del movimento fondato da Boldrin e Forchielli, spiega temi e proposte che contraddistinguono la nuova realtà
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Nel 1961, sul lato B di un 45 giri furono incise le parole di una delle voci più malinconiche e profonde del cantautorato italiano. Endrigo cantava l’amore invisibile agli occhi delle persone comuni, un sentimento privato ed intimo che non richiede sforzo, in contrapposizione a quel brusio quotidiano della brava gente.
“La brava gente non saprà mai Le parole che intreccio per te”.
In queste parole, Endrigo accarezza l’idea del segreto, del tesoro che non dev’essere dato in pasto ai costrutti comuni. ‘La brava gente’ è forse la più riuscita invenzione dell’immaginario italiano: una maschera collettiva, cucita addosso a un popolo che ama riconoscersi mite, accogliente, generoso.
È la nostra favola identitaria, il modo in cui ci assolviamo prima ancora di peccare. Nasce da un pensiero storico, da anni in cui l’Italia mussoliniana, voleva distaccarsi dalla Germania nazista, cercando un’identità condivisa e innocente. Così scelse di raccontarsi come un popolo ospitale, incapace di crudeltà sistematica.
È l’illusione più elegante e duratura della nostra memoria: un mito che consola e nasconde le contraddizioni e le violenze passate sotto la patina della bontà innata. La brava gente, così, diventa mito e alibi insieme: un rifugio morale, un modo per credere che, anche davanti al caos, la nostra essenza rimanga intatta.
Il termine è stato poi strumentalizzato per assolvere -almeno all’apparenza- l’Italia dai crimini di guerra. Questa immagine ha attraversato i secoli senza mutare forma, trasformando la brava gente in un concetto filosofico prima ancora che sociale: l’illusione che la civiltà, la gentilezza siano parte della nostra essenza, e non il frutto di scelte, di disciplina, di educazione civica.
Se ciò che definisce l’essere ‘bravi’ è la nostra capacità di stare al mondo, solo alcuni contesti riescono davvero a incrinare tale facciata. Come ogni illusione ben riuscita, mostra le proprie crepe nei momenti in cui subentrano la collettività, il coinvolgimento, il caos.
Ed ecco che le strade, le piazze e -nel nostro caso- gli spalti diventano spazi per animali in cattività.
Nei borghi medievali di Rieti, di brava gente se ne incontra. Una città umile, che vive grazie a un sistema antico ma pur sempre stimolante agli occhi di chi la abita, o per lo meno abbastanza attuale da garantire una vita serena.
Se la storia ci ha insegnato a raccontarci buoni per nascita, la recente vicenda accaduta nel territorio reatino mostra quanto fragile sia questa convinzione. In questa vicenda si potrebbero individuare molti aspetti degni di attenzione, ma qui mi soffermerò su due in particolare.
Il primo è lampante e quasi scontato ribadire. In un mondo utopico, la brava gente sarebbe composta da individui educati, rispettosi e imperturbabili, al punto che la passione per lo sport non potrebbe mai trasformarsi in violenza. Ma, a quanto pare, le mele marce, per così dire, esistono ovunque. Episodi simili fanno sicuramente riflettere sulla piaga dell’inciviltà e dell’odio che si stanno diffondendo da tempo a macchia d’olio.
Il secondo. Possiamo escludere che, in tutto questo, la parola estremismo non abbia un suo peso?
E tra un “il 25 aprile non è la mia festa” e un esplicito “presente!” nel giorno della commemorazione delle foibe, ecco che l’illusione inizia a sfumare.
Da tempo, le notizie e le inchieste ci raccontano di tifoserie sempre più dominate dalla violenza e, soprattutto, dagli estremismi politici. L’inchiesta più recente? La Doppia Curva che ha portato alla condanna dei capi ultras dell’Inter.
C’è chi nega ancora l’esistenza di organizzazioni di estrema destra, chi parla di tifoserie del tutto apolitiche, chi preferisce tacere davanti a certe vicende…
Non sarebbe giusto semplificare con un ‘allora adesso tutto è politica’. Piuttosto, dopo aver appurato che l’inciviltà e la violenza dipendono in primis dall’indole dei singoli individui, cercherei di allargare il nostro sguardo ad un ragionamento più consapevole e riflessivo.
Per quanto una comunità, una tifoseria, uno schieramento politico possa nascondersi dietro la brava gente, un’illusione non potrà mai nascondere la vera indole delle persone. Sotto la superficie dell’apparenza, si agitano correnti più antiche e oscure: la paura di accettare la realtà che ci circonda e come essa inevitabilmente contribuisca a ciò che accade oggigiorno.
Forse l’unica saggezza consiste nel riconoscere questa fragilità, nell’accettare che l’illusione della bontà non basta mai a fermare ciò che può accadere, e che solo guardando in faccia questa verità silenziosa possiamo smettere di vivere nel mito di noi stessi e cercare di cambiare i costrutti che ci circondano.
Alla luce dei recenti fatti, l’origine del termine brava gente sembra più attuale che mai. E allora, forse, abbiamo solo bisogno delle parole di chi sappia rispondere non solo a quel “presente!”, ma anche a chi resta aggrappato alla propria innocenza apparente: “Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo”.
Ilaria Petrongari
Scritto da: Radio Glox
Giorgio Pablo Vallasciani, segretario regionale dell'Umbria del movimento fondato da Boldrin e Forchielli, spiega temi e proposte che contraddistinguono la nuova realtà
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