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Il futuro è in Europa

today18 Novembre, 2024 26 9

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Passeggiando su rue de la Loi a Bruxelles, sulla strada per il Parco Reale con le sue fontane, i bambini che giocano e la fiera del fumetto in primavera, ci si imbatte in un grande graffito: the future is Europe, il futuro è Europa, per mantenere un po’ della licenza poetica dell’originale, circondato da uccellini e stelle. Il cielo belga è spesso grigio (e quando non piove c’è la nebbia), ma a volerla cercare la poesia non manca: le mele di Magritte, l’oro sulle facciate barocche della Grand Place descritta da Victor Hugo, “il miracolo più noioso del mondo, eppure un miracolo”, come è stata definita l’Unione Europea.

Donald Trump, come tutti sanno, sarà il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti. Imprevedibile, incontrollabile, inenarrabile, nessuno oggi può fare ipotesi assennate su come sarà questa presidenza (probabilmente neppure lui stesso), e che cosa significherà per gli Stati Uniti e per il mondo. Per l’Europa, intesa sia come continente che organizzazione internazionale, i punti di attrito non mancano già da prima dell’insediamento. Davvero il presidente eletto imporrà dazi sulle importazioni, che nuocerebbero gravemente alle tasche dei contribuenti ed elettori europei, con buona pace dei suoi alleati da questa parte dell’oceano (i quali potrebbero soffrire di un cortocircuito sovranista) ? Che ne sarà della vituperata Nato, che pure sembra aver fin qui svolto il suo compito? Verranno mai chiariti i legami del nuovo presidente con il Cremlino, o le paventate interferenze russe sulle elezioni del 2016, su cui l’Fbi ha aperto un’inchiesta (recentemente ricordata, fra gli altri, da Foreign Policy, che ha ribadito come non sia un mistero che gli affari del neo-presidente siano stati salvati dalla bancarotta da oligarchi russi vicini a Putin).

Donald Trump promette la pace, in un giorno o forse i tre di divina memoria, ma all’atto pratico come si declinerà questa pace in Ucraina o in Medio Oriente? Una pace senza dubbio veloce e possibilmente piena di gloria: al Moscow Times, fonti diplomatiche russe preconizzano già magnanimamente, perché no, un Nobel per la pace per il prossimo presidente americano (a margine di battute sulla mancanza di coperture economiche europee per la difesa, qualora venisse a mancare l’appoggio americano). Le cancellerie europee (molte, naturalmente, ma non tutte) sono interdette; l’Europa in fin dei conti è un grande condominio chiassoso, i nostri vicini ci assomigliano molto e quindi ci piacciono poco, cucinano roba strana, hanno un accento diverso, e oltretutto hanno avuto un contenzioso antipatico con i nostri nonni. Il nostro continente, già fra i teatri privilegiati della guerra fredda, dopo una pandemia, più di una crisi economica, il riscaldamento globale, è oggi piegato anche dalle guerre di informazione (che non sono niente di nuovo) e dalla cosiddetta post-verità. In un libro del 2021,

La diplomazia oscura, Gianluca Falanga (ricercatore e consulente a Berlino presso il museo della Stasi), ricorda come “ad appena un anno dalla storica firma del Trattato di non proliferazione nucleare (1 luglio 1968), la dirigenza sovietica procedette al lancio del cosiddetto programma di lotta, al quale venne affibbiata l’etichetta di pacifista; violentando il nobile significato del termine e strumentalizzandolo come specchietto per le allodole per attirare consensi in Occidente”. In una famosa novella di Verga il carbonaio, sgomento, si chiede dopo la mattanza sanguinosa della sommossa popolare: “dove mi conducete? In galera? Se avevano detto che c’era la libertà!”, perché insieme agli altri, ubriacati dal momento, ha frainteso il senso di una parola piena di significato, libertà, piegandolo all’interesse scellerato di un attimo. Se ne possono confondere altre, non solo a Bronte ma sui social media, sui giornali: pace, per esempio. Eppure, appunto, il futuro può essere Europa: il nostro continente e le sue istituzioni, pur se affaticate e ancora limitate da veti incrociati e interessi a volte divergenti, possono sfruttare l’occasione per approfondire il progetto europeo. Già in passato l’Unione Europea ha dimostrato di essere capace di reagire a momenti di crisi in modo quasi sorprendente; per farlo oggi occorre rispondere con decisione a domande importanti, come il futuro della difesa comune e i rapporti con le super potenze di ieri e di oggi, previo il mandato e il sostegno di un’opinione pubblica (che altri non è che tutti noi, chi scrive e chi legge) che oggi appare stanca, impoverita, confusa.

In occasione delle elezioni dello scorso giugno, il Parlamento Europeo ha messo a punto una campagna di promozione del voto: un messaggio da nonni a nipoti, oggi che gli ultimi protagonisti dell’Europa che fu, rendendoci quello che siamo, vanno scomparendo. Il messaggio dei nonni è unanime: la pace, la prosperità e la libertà dell’Europa in cui siamo nati non sono sempre stati tali, e per questo vale la pena impegnarsi con costanza, cercare di capire, dialogare, usare gli strumenti a nostra disposizione. Sul nostro vecchio mondo, nasca la speranza.

Francesca Varasano

Scritto da: Radio Glox


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