Il corsaro friulano che divise il Paese
A cinquant'anni dalla morte dello scrittore e regista, Nicola Lagioia tratteggia la figura dal punto di vista umano e artistico di uno degli autori più controversi del panorama culturale italiano
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Il linguaggio è ancora lo strumento più presente e più forte di relazione umana, anche se è incalzato dal potere comunicativo ed evocativo delle immagini. Persino gli strumenti digitali, che tendono a privilegiare l’impatto emotivo ed esplicativo dell’immagine, non posso rinunciare al linguaggio e anzi troppo spesso ne propongono una versione inconsapevole e distorta.
Il potere delle parole si declina in due diverse funzioni: quella descrittiva, che fa esistere le cose dando loro una immediata riconoscibilità; e quella performativa cioè la capacità di modificare la realtà e di definirla. È quindi evidente che a questa funzione sociale è legato il concetto di responsabilità delle conseguenze che le parole producono su noi stessi e sugli altri.
Quando si usa il linguaggio per comunicare è necessario essere consapevoli che esso descrive qualcosa di chi parla, lo identifica personalmente e socialmente, descrive oltre al mondo di provenienza e appartenenza, anche la sua personalità e la sua identità. Al tempo stesso, essendo le parole uno strumento di relazione interpersonale, esse ricadono sull’altro producendo un effetto esterno a noi, ma di forte influenza sulla realtà e quindi su chi quella realtà abita.
Il linguaggio, quindi, è un modo di costruire immagini per riconoscersi, di amplificare contesti e arricchire relazioni, ma se usato in modo superficiale e irresponsabile, può essere destabilizzante, offensivo e inopportuno. Ed è per questo che le parole vanno maneggiate con cura e con consapevolezza e che non è ammissibile l’ignoranza dei significati sia originari sia comuni delle parole che vengono usate nello spazio privato e nello spazio pubblico.
È vero che la lingua subisce trasformazioni continue, accoglie neologismi, dimentica parole obsolete e nell’uso quotidiano trasforma il loro significato originale. Questo sta nella natura viva e mutevole della lingua che è specchio oltre che origine di una cultura.
Eppure, al di là di questo andamento “naturale” del linguaggio, negli ultimi anni si nota una perdita crescente di ‘rispetto’ per la nostra lingua, una sciatteria diffusa verso il significato e l’uso di certe parole. E questo vale per il parlato del quotidiano ma anche, in modo più colpevole, per il linguaggio utilizzato nello spazio pubblico e non solo dai cittadini ma purtroppo anche dai rappresentati di istituzioni e forze politiche.
Di tutto questo è un esempio il recente caso dell’appellativo che Landini – segretario di una delle organizzazioni sindacali più rappresentative – ha rivolto alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Perché siamo di fronte ad un caso di sciatteria verbale e superficialità linguistica, piuttosto che ad una forma di violenza verbale? Perché data l’ovvietà del significato insultante all’origine del termine “cortigiana”, anche il più stizzito avversario politico avrebbe capito che dare della “prostituita” alla donna che ci rappresenta in Italia e nel mondo sarebbe stato uno sciocco bumerang. Credo quindi che siamo difronte ad un uso asfittico e superficiale delle parole, ad un inseguire il significato banale del termine – qualcuno che sta alla corte del re e che in una posizione subalterna lo serve acriticamente – nell’ignoranza del vero senso storico del contesto e delle azioni che descrive.
Chiara Moroni
Scritto da: Radio Glox
A cinquant'anni dalla morte dello scrittore e regista, Nicola Lagioia tratteggia la figura dal punto di vista umano e artistico di uno degli autori più controversi del panorama culturale italiano
today2 Novembre, 2025 4
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con Alessio Picchiani
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